lunedì 3 novembre 2008

Lo scrittore e la politica

Sin dagli inizi della sua carriera Yehoshua è un intellettuale impegnato in politica. Favorevole al processo di pace con i palestinesi, non è comunque un pacifista tout court.
Una sua intervista, rilasciata il 22 settembre 2008 per il quotidiano La Stampa a firma Farian Sabahi, in cui, a quanto pare avrebbe, dichiarato "L'Iran non è un pericolo per Israele" è diventata la scintilla che ha fatto accendere una polemica "da destra" contro il giornale di Torino e contro il presunto pacifismo esasperato dell'intellettuale israeliano.
Per chi non fosse interessato agli strilli e alla morale da quattro soldi di scribacchini interessati, segnalo questo video, (This is not a Hitler, il primo della colonna video) in cui Yehoshua parla della situazioni iraniane e delle sue possibili soluzioni.

Europa e Israele: una geografia gerosolimitana


Il romanzo “Il signor Mani”, scritto da Yehoshua nel 1990, appare a che scrive come una indagine sull’identità israeliana e personale e sull’impatto che ha avuto su di essa la nascita dello Stato d’Israele nel 1948, individuato come un punto fondamentale di rottura nel percorso conoscitivo sopramenzionato.
Nel romanzo, la contrapposizione ambientale/geografica tra Europa e terra d’Israele, in particolar modo Gerusalemme, è continua ed in continua evoluzione durante gli anni, di pari passo all’evoluzione personale e politico/nazionale dei protagonisti
I punti di vista che Yehoshua adotta per descrivere l’ambiente gerosolimitano appaiono in continua evoluzione. Sembra importante, infatti, denotare come la maggior parte delle descrizioni geografiche nel romanzo ci pervengano da europei in visita a Gerusalemme. Se escludiamo infatti Hagar, giovane israeliana protagonista del primo dialogo, tutte le altre voci esprimono una sorta di disincanto iniziale di fronte al paesaggio gerosolimitano.
Di nuovo, la visione orientalistica biblica e sionista della Terra si scontra con la realtà della Terra stessa, così differente dal sogno e, di primo acchito, nella sua pochezza, imparagonabile alle città europee: “...di fronte al posto chiamato Torre di David, che è una specie di miniatura della Torre di Londra...”(p. 198). E ancora:

…la città, signor colonnello, è piccola e squallida (...) è un luogo estremamente noioso. La popolazione è molto eterogenea, un miscuglio di comunità piccole e chiuse. Da una parte miseria e ignoranza, e dall'altra esaltazione messianica, (...), non esiste alcun nesso fra il nome, famoso in tutto il mondo, di questa città, o i meravigliosi testi che sono stati scritti in questo posto e su questo posto - e la meschina realtà che brulica qui, signor colonnello. (p. 187)

Questa realtà deludente e la relazione tra immagine mitica e paesaggio reale sono presentate nei racconti dei protagonisti e, tramite le domande non riportate dei loro interlocutori, vengono analizzate ed infine superate:
Io mi sono liberato da Gerusalemme, ma coscientemente, mi sono liberato del sogno per il quale voi tutti continuate a lottare, vagando alla cieca fra fantasia e realtà...”(p. 333).

I personaggi vedono la realtà, comprendono il mito e, interiorizzandoli, riformulano una immagine della città ancora differente. Sembra sorgere una Gerusalemme nuova, metafisica, sentimentale, una città concettuale che ha posto nel cuore dell’Ebreo , e che acquisterà nuove caratteristiche, di luce

E' una luce, sì, padre, una luce dentro cui lottano due luci diverse, quella giallastra che fluttua libera dal deserto e quella celeste che nasce dal mare, si arrampica lentamente su per le pendici dei monti e raccoglie il riverbero degli ulivi e delle rocce, finchè si assorbono l'una nell'altra a Gerusalemme, si dominano e si conquistano a vicenda, e verso sera si fondono in una tonalità di vino chiaro che ramo dopo ramo scende giù dagli alberi e diviene un rossore ramato, che a contatto con la cornice della finestra infiamma i fedeli e li fa balzare in piedi nella tonante ne'ilah, che invade il mondo, impietrito fuori, con una immensa invocazione. (p. 340)

e vento

...quel meraviglioso vento che fonde assieme tutti i suoi odori e tutti i suoi sapori, prende un po' di calore dall'acqua stagnante della vasca di Ezechia, vi aggiunge un pizzico dell'aridità dei rovi bruciacchiati nei campi fra le case degli Armeni, raccoglie l'amarognolo dalle fessure delle lapidi incrinate sul Monte degli Ulivi, si avvoltola nell'incenso che svolazza da vicolo a vicolo, e solo ora apprendevo, maestro, che la vera spezia, la spezia del futuro, non sarebbe stata estratta da una radice o da una foglia, da un polline o da un chicco, ma era in quel vento... (p. 410).

Sembra interessante però, a questo punto, proporre un diverso livello di lettura del romanzo; se fino ad ora, infatti, si è analizzato Il signor Mani seguendone l’intreccio del racconto, le cose sembrano cambiare se si segue la fabula, la cronologia dell’albero genealogico, dal quinto al primo dialogo.
Dalla città di vento e luce, attraverso la Gerusalemme orientalistica, si arriva a una Gerusalemme completamente normalizzata, una città israeliana vista dagli occhi di una ragazza israeliana, in cui ormai il paragone con le città europee risulta evanescente, compare solo in un punto e con una valenza quasi positiva: “mi sono trovata come in una città europea” (p. 30).
Rimane in quest’ultimo/primo dialogo la sensazione della frammentarietà dell’identità di cui si è parlato precedentemente; nel rapporto fra Europa e terra d’Israele, la strada verso una normalizzazione sembra essersi compiuta, ma rimangono ancora delle distanze in seno a Israele stesso.
Si assiste quindi ad un cambiamento della focalizzazione: la costruzione dell’identità, sembra essere diventata un processo centripeto, interno alla nuova entità territoriale in cui i personaggi si trovano a vivere.

Bibliografia

La narrativa di A.B. Yehoshua

o 1962 Mot ha-zaqen, sippurim ( “Tutti i racconti”, Torino, Einaudi, 1999, trad. it. di Alessandro Guetta e Alessandra Shomroni. Alcuni racconti erano già stati tradotti in “Il Poeta continua a tacere”, Firenze, la Giuntina 1987, trad. it di Alessandro Guetta e in “Morte del senso e senso della morte”, Firenze, La Giuntina, 1989, trad. it di Emanuela Trevisan Semi)
o 1977 Ha-meahev (“L'amante”, Torino, Einaudi, 1990, trad. it. di Arno Baehr)
o 1982 Gerushim meuharim ( “Divorzio tardivo”, Torino, Einaudi, 1996, trad. it. di Gaio Sciloni)
o 1987 Molcho (“Cinque stagioni”, Torino, Einaudi, 1993, trad. it di Gaio Scaloni)
o 1990 Mar Mani (“Il Signor Mani”, Torino, Einaudi,1994 trad. it. di Gaio Scaloni)
o 1993 Ha-shiva me-Hodu (“Ritorno dall'India”, Torino, Einaudi, 1997, trad. it. di Alesandro Guetta e Elena Loewenthal)
o 1997 Masa el tom ha-elef (“Viaggio alla fine del millennio”, Torino, Einaudi, 1998, trad. it. di Alessandra Shomroni)
o 2001 Ha-Kallah ha-meshahreret (“La sposa liberata”, Torino, Einaudi, 2002, trad. it. di Alessandra Shomroni)
o 2004 Shelihuto shel ha-memuneh al mashave enosh (“Il responsabile delle risorse umane”, Torino, Einaudi, 2004, trad. it. di Alessandra Shomroni)

Saggi

o 1991 "Elogio della normalità "
o 1996 "Diario di una pace fredda" (Articoli)
o 1996 "Ebreo, israeliano, sionista: concetti da precisare" (Roma, E/O, trad. it. di Alessandro Guetta)
o 2000 "Il potere terribile di una piccola colpa. Etica e letteratura"


Opere teatrali


o 1975 Layla Be-May (“Una notte di maggio”)
o 1986 Hafatzim (“Possesso”)
o 1992 Tinokot Ha-Layla (“Bambini della notte”) 1992

domenica 2 novembre 2008

Biografia


Credo che, per iniziare a parlare di A.B. Yehoshua e della sua opera, sia necessario iniziare con una biografia.
Al decimo tentativo, dopo essermi accorto di stare costruendo bizzarri copia-incolla da siti più o meno attendibile, ho deciso di postare questa biografia.
Realizzata dalla Professoressa Trevisan -Semi (Università Ca' Foscari di Venezia), la biografia è stata pubblicata in occasione del convegno sull'opera dello scrittore israeliano intitolato "Sguardi Incrociati" (Venezia, 2005) Da questo convegno è stato poi tratto il volume "Leggere Yehoshua" (Einaudi 2007) essenziale per un approccio critico all'opera dello scrittore israeliano.




A. B. Yehoshua è considerato, assieme ad Amos Oz, il maggior e più premiato scrittore israeliano contemporaneo (per l'elenco dei premi ricevuti e i titoli dei romanzi pubblicati vedi la lista che segue). E' da alcuni anni uno dei candidati possibili al premio Nobel per la letteratura. Nato a Gerusalemme nel 1936 da famiglia che per parte paterna risiedeva a Gerusalemme da diverse generazioni e per parte materna da madre che era emigrata dal Marocco è uno scrittore di evidenti origini sefardite che si è successivamente stabilito a Haifa dove è attualmente professore ordinario di letteratura comparata nella locale Università. Assai amato in patria, seguitissimo all'estero dove è noto anche il suo impegno pacifista (membro di Shalom Achshav e impegnato nei processi di pace) Yehoshua rappresenta una figura di intellettuale a tutto campo. Romanziere e saggista, autore anche di racconti e di pièces teatrali è dotato di una ricca vena creativa unita a una solida tecnica del narrare e di una poetica personalissima che è stata definita da G. Morahg "simbolismo realistico" e che è stata ben delineata fin dagli esordi, a partire dal suo primo racconto "Morte del vecchio" (1957) che tradussi e introdussi, a suo tempo, in un saggio (Senso della morte e morte del senso nel primo racconto di A. B. Yehoshua, Firenze, La Giuntina, 1989). La narrativa di Yehoshua è stata tradotta in 22 lingue e da molte delle sue opere sono stati tratti film, messe in scena pièces teatrali e musicate opere. Il romanzo Mar Mani (1990) (Il Signor Mani, Torino, Einaudi,1994 trad. it. di Gaio Sciloni) considerato dalla critica internazionale il suo capolavoro e per il quale gli è stato assegnato il maggior riconoscimento letterario del suo paese, ha dato origine a intere biblioteche di saggi critici. Ha già ottenuto una laurea ad honorem in Italia dall'Università di Torino nel 1999 e, tra gli altri, il premio Grinzane Cavour nel 1994. Ha contribuito all'innovazione delle forme narrative scegliendo formule come quelle del romanzo a più voci in Ha-meahev (1977) (L'amante, Torino, Einaudi, 1990, trad. it. di Arno Baehr) e Gerushim meuharim (1982) (Divorzio tardivo, Torino, Einaudi, 1996, trad. it. di Gaio Sciloni) o del dialogo mancante come in Mar Mani. La famiglia e i conflitti che si sviluppano al suo interno, diviene microcosmo della società israeliana, si veda in particolare Ha-shiva me-Hodu (Ritorno dall' India, Torino, Einaudi, 1997, trad. it. di Alessandro Guetta e Elena Loewenthal). Negli ultimi romanzi Masa el tom ha-elef (1997) (Viaggio alla fine del millennio, Torino, Einaudi, 1998, trad. it. di Alessandra Shomroni), Ha-Kallah ha-meshahreret(2001) (La sposa liberata, Torino, Einaudi, 2002, trad. it. di Alessandra Shomroni) e Shelihuto shel ha-memuneh al mashave enosh (2004) (Il responsabile delle risorse umane, Torino, Einaudi, 2004, trad. it. di Alessandra Shomroni) Yehoshua ha affrontato maggiormente le tematiche della diversità. In Viaggio alla fine del millennio è la diversità degli ebrei del sud (sefarditi/orientali) rispetto agli ebrei del nord (ashkenaziti/europei) che diviene il filo conduttore del romanzo, caratterizzato da una forte carica ironica: il tempo è quello dell'alba del primo millennio nel 998 e la voce è quella degli ebrei del sud più tolleranti di quelli del nord, rigidi e bacchettoni. In La sposa liberata, il protagonista è un professore di storia del Vicino Oriente dell'Università di Haifa, la città più multiculturale che vi sia in Israele chiamato a confrontarsi con la realtà della presenza della comunità araba di cittadinanza israeliana (in particolare gli studenti che frequentano i suoi corsi) e con quella dei territori sullo sfondo dei miti fondanti le diverse identità. Nel corso delle narrazione l'ebraico viene interrotto a più riprese dall'arabo che viene inserito direttamente nel testo determinando sconcerto nel lettore che si trova anch'egli confrontato alla diversità. La struttura circolare eritmica che spesso caratterizza le sue opere conferisce anche a questo romanzo una struttura narrativa ricca di fascino e musicalità che accompagna e rassicura il lettore in questo viaggio assieme al diverso in un tempo, quello della post-modernità nel quale la frammentazione identitaria e la diversità ne sono le peculiarità. Questo romanzo come Il signor Mani sta suscitando una vastissima letturatura critica ed è in corso una trasposizione a livello operistico. Nell'ultimo romanzo, Il responsabile delle risorse umane, il mistero della morte di una lavoratrice immigrata dell'Europa orientale e della quale si conosce poco più che il nome (Yulia Regajev), avvenuta in seguito ad un attentato kamikaze nel centro di Tel Aviv, spinge il protagonista ad una ricerca della vera identità della lavoratrice immigrata, in preda a forti sensi di colpa. E' un romanzo, che come ci richiama il titolo, insiste sull'"umano", sulla necessità di umanità quando la barbarie quotidiana rischia di divenire banalità quotidiana. Nella struttura narrativa, un coro come in una tragedia greca, intercala la narrazione. In quest'ultimo romanzo Yehoshua riprende i temi di eros e thanatos, e li sviluppa fino a spingere il protagonista ad identificarsi totalmente con il corpo della defunta, un motivo già sperimentato in Molcho (1987) (Cinque stagioni, Torino, Einaudi, 1993, trad. it di Gaio Scaloni): solo che in quel caso il protagonista si era identificato con la moglie morta di tumore e nell'ultimo con una immigrata praticamente sconosciuta. Un romanziere che parte dall'analisi di situazioni mutuate dalla quotidianità senza lesinare l'utilizzo di approfondite analisi dei personaggi in chiave psicologica, e a volte anche surreale, in un avvicendarsi di situazioni contrassegnate da una forte carica simbolica e che si pone come coscienza critica dell'Israele contemporaneo.

Emanuela Trevisan Semi
Professore di Lingua e letteratura ebraica moderna e contemporanea
Università di Ca' Foscari di Venezia