lunedì 3 novembre 2008

Europa e Israele: una geografia gerosolimitana


Il romanzo “Il signor Mani”, scritto da Yehoshua nel 1990, appare a che scrive come una indagine sull’identità israeliana e personale e sull’impatto che ha avuto su di essa la nascita dello Stato d’Israele nel 1948, individuato come un punto fondamentale di rottura nel percorso conoscitivo sopramenzionato.
Nel romanzo, la contrapposizione ambientale/geografica tra Europa e terra d’Israele, in particolar modo Gerusalemme, è continua ed in continua evoluzione durante gli anni, di pari passo all’evoluzione personale e politico/nazionale dei protagonisti
I punti di vista che Yehoshua adotta per descrivere l’ambiente gerosolimitano appaiono in continua evoluzione. Sembra importante, infatti, denotare come la maggior parte delle descrizioni geografiche nel romanzo ci pervengano da europei in visita a Gerusalemme. Se escludiamo infatti Hagar, giovane israeliana protagonista del primo dialogo, tutte le altre voci esprimono una sorta di disincanto iniziale di fronte al paesaggio gerosolimitano.
Di nuovo, la visione orientalistica biblica e sionista della Terra si scontra con la realtà della Terra stessa, così differente dal sogno e, di primo acchito, nella sua pochezza, imparagonabile alle città europee: “...di fronte al posto chiamato Torre di David, che è una specie di miniatura della Torre di Londra...”(p. 198). E ancora:

…la città, signor colonnello, è piccola e squallida (...) è un luogo estremamente noioso. La popolazione è molto eterogenea, un miscuglio di comunità piccole e chiuse. Da una parte miseria e ignoranza, e dall'altra esaltazione messianica, (...), non esiste alcun nesso fra il nome, famoso in tutto il mondo, di questa città, o i meravigliosi testi che sono stati scritti in questo posto e su questo posto - e la meschina realtà che brulica qui, signor colonnello. (p. 187)

Questa realtà deludente e la relazione tra immagine mitica e paesaggio reale sono presentate nei racconti dei protagonisti e, tramite le domande non riportate dei loro interlocutori, vengono analizzate ed infine superate:
Io mi sono liberato da Gerusalemme, ma coscientemente, mi sono liberato del sogno per il quale voi tutti continuate a lottare, vagando alla cieca fra fantasia e realtà...”(p. 333).

I personaggi vedono la realtà, comprendono il mito e, interiorizzandoli, riformulano una immagine della città ancora differente. Sembra sorgere una Gerusalemme nuova, metafisica, sentimentale, una città concettuale che ha posto nel cuore dell’Ebreo , e che acquisterà nuove caratteristiche, di luce

E' una luce, sì, padre, una luce dentro cui lottano due luci diverse, quella giallastra che fluttua libera dal deserto e quella celeste che nasce dal mare, si arrampica lentamente su per le pendici dei monti e raccoglie il riverbero degli ulivi e delle rocce, finchè si assorbono l'una nell'altra a Gerusalemme, si dominano e si conquistano a vicenda, e verso sera si fondono in una tonalità di vino chiaro che ramo dopo ramo scende giù dagli alberi e diviene un rossore ramato, che a contatto con la cornice della finestra infiamma i fedeli e li fa balzare in piedi nella tonante ne'ilah, che invade il mondo, impietrito fuori, con una immensa invocazione. (p. 340)

e vento

...quel meraviglioso vento che fonde assieme tutti i suoi odori e tutti i suoi sapori, prende un po' di calore dall'acqua stagnante della vasca di Ezechia, vi aggiunge un pizzico dell'aridità dei rovi bruciacchiati nei campi fra le case degli Armeni, raccoglie l'amarognolo dalle fessure delle lapidi incrinate sul Monte degli Ulivi, si avvoltola nell'incenso che svolazza da vicolo a vicolo, e solo ora apprendevo, maestro, che la vera spezia, la spezia del futuro, non sarebbe stata estratta da una radice o da una foglia, da un polline o da un chicco, ma era in quel vento... (p. 410).

Sembra interessante però, a questo punto, proporre un diverso livello di lettura del romanzo; se fino ad ora, infatti, si è analizzato Il signor Mani seguendone l’intreccio del racconto, le cose sembrano cambiare se si segue la fabula, la cronologia dell’albero genealogico, dal quinto al primo dialogo.
Dalla città di vento e luce, attraverso la Gerusalemme orientalistica, si arriva a una Gerusalemme completamente normalizzata, una città israeliana vista dagli occhi di una ragazza israeliana, in cui ormai il paragone con le città europee risulta evanescente, compare solo in un punto e con una valenza quasi positiva: “mi sono trovata come in una città europea” (p. 30).
Rimane in quest’ultimo/primo dialogo la sensazione della frammentarietà dell’identità di cui si è parlato precedentemente; nel rapporto fra Europa e terra d’Israele, la strada verso una normalizzazione sembra essersi compiuta, ma rimangono ancora delle distanze in seno a Israele stesso.
Si assiste quindi ad un cambiamento della focalizzazione: la costruzione dell’identità, sembra essere diventata un processo centripeto, interno alla nuova entità territoriale in cui i personaggi si trovano a vivere.

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